La bestemmia e lo sport: guadagnare una coppa o conquistare il Cielo?
MAGISTERO E VITA DEI SANTI
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È la Pentecoste del 1945, l’Italia è appena uscita da tragico secondo conflitto mondiale e Papa Pio XII ha di fronte gli sportivi cattolici riuniti a Roma per la Pasqua dello sportivo.
Il Papa ricorda loro, nel salutarli, come lo sport praticato dai giovani che sono accorsi a questo incontro sia motivo di gioia e speranza “in mezzo a tanti motivi di tristezza e gioia”. In un mondo che lentamente doveva fare i conti con le macerie lasciate dalla guerra, il Papa riflette con i giovani sportivi su come la Chiesa consideri con attenzione l’attività sportiva e che la stessa non sia aliena alla vita del cristiano.
L’apostolo Paolo, in un passo della prima Lettera ai Corinzi, afferma “sia che mangiate, sia che beviate, sia che facciate altra cosa, fate tutto a gloria di Dio” e il Pontefice annota che tra le “altre cose” ci sono l’attività fisica, la cura del corpo, lo sport in cui si può, dunque, rendere omaggio al Creatore.
Il Papa annota come lo sport sia una palestra di vita e tratteggia da subito uno scopo ulteriore e più alto rispetto al pur utile esercizio fisico: “Lo sport è un efficace antidoto contro la mollezza e la vita comoda, sveglia il senso dell’ordine ed educa all’esame, alla padronanza di sé”. Oppure, rievoca le parole di Cicerone nel De Officiis: “Il corpo… deve essere esercitato e influenzato in modo tale da poter obbedire al consiglio e alla ragione nello svolgimento degli affari”. Ricordando l’esempio di Pio XI, che aveva addirittura un passato da alpinista, Pio XII afferma come “lo sport è una scuola di lealtà, di coraggio di sopportazione, di risolutezza, di fratellanza universale, tutte virtù naturali, ma che forniscono alle virtù soprannaturali un fondamento solido, e preparano a sostenere senza debolezza il peso delle più gravi responsabilità”. La conseguenza di questo ragionamento, svolto dal Pontefice ormai ottanta anni fa ma di estrema attualità nella società odierna, è che lo sport non è un fine ma un mezzo e che il fine non può che essere la “formazione ed educazione perfetta di tutto l’uomo”.
Così già allora, il Papa notava con dispiacere alcuni giovani dedicare tutto il loro interesse e la loro passione ad allenamenti, gare, riservando invece distrazione e noia alla necessità dello studio e della professione. Invece, Papa Pio XII lo dice chiaramente, e l’affermazione nel contesto laicista attuale desta una certa sorpresa: “Lo sport può e deve essere al servizio di Dio”
E poi c’è un brano in cui il Papa svolge un accorato appello a tutti gli sportivi cattolici e che anche noi, nella misura in cui pratichiamo un qualsiasi sport, possiamo sentire a noi rivolto e che merita di essere riportato per intero, anche per l’invito a proteggere il nome santo di Dio: “A che servirebbero infatti il coraggio fisico e l'energia del carattere, se il cristiano ne usasse soltanto per fini terreni, per guadagnare una «coppa» o per darsi delle arie da superuomo? Se non sapesse, quando occorre, ridurre di una mezz'ora il tempo del sonno o ritardare un appuntamento di stadio, piuttosto che tralasciare di assistere alla S. Messa la domenica; se non riuscisse a vincere il rispetto umano per praticare la religione e difenderla; se non si valesse della sua prestanza e della sua autorevolezza per arrestare o reprimere con lo sguardo, con la voce, col gesto, una bestemmia, un turpiloquio, una disonestà, per proteggere i più giovani e i più deboli contro le provocazioni e le assiduità sospette; se non si accostumasse a concludere i suoi felici successi sportivi con una lode a Dio, Creatore e Signore della natura e di tutte le sue forze? Siate sempre consapevoli che il più alto onore e il più santo destino del corpo è di essere la dimora di un'anima, che rifulga di purezza sociale e sia santificata dalla grazia divina.
Il Papa conclude il suo messaggio agli sportivi ricordando la celebre metafora che San Paolo fa tra lo sport e la sua missione apostolica, parlando di raggi di luce mistica che quei versetti gettano sulla pratica sportiva.
Anche quando facciamo sport, afferma il Papa, dobbiamo tendere alla nostra missione e quella che possiamo ritenere attività puramente materiale, può acquistare un valore soprannaturale. Infatti, “se… lo «sport» è per voi non solo immagine, ma in qualche modo anche esecuzione del vostro più alto dovere, se cioè voi vi adoperate mediante l'attività sportiva a rendere il corpo più docile e obbediente allo spirito e alle vostre obbligazioni morali, se inoltre col vostro esempio contribuite a dare all'attività sportiva una forma più rispondente alla dignità umana e ai precetti divini, allora la vostra cultura fisica acquista un valore soprannaturale”.
Non solo vincere una coppa, insomma, ma guadagnarci il Cielo!
Rispetta il nome di Dio
Combatti la bestemmia insieme a noi!
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